All’indomani
del terremoto del 23 luglio 1930, per risolvere in maniera
definitiva l’emergenza abitativa venutasi a creare nei paesi
devastati dal sisma, il governo decise la costruzione di
“casette asismiche”. A Rionero ne furono previste una
cinquantina. La fotografia (fermo immagine di un film
dell’Istituto Luce) si riferisce alla preparazione delle
fondazioni per la costruzione degli edifici di via Monte Grappa.
Questa fotografia documenta un barbatellaio impiantato sui terreni che corrispondono all’attuale
Villa Catena a Rionero, nella parte più prossima a piazza XX
Settembre. Ai tempi dello scatto fotografico, sicuramente dopo la
costruzione del Teatro Combattenti (1936), che si vede sullo sfondo,
e prima del definitivo risanamento dell’intera zona, dunque
negli anni 40 del Novecento, la piazza aveva il nome di Piazza della
Verdura e tutto il terreno del vallone era occupato da orti e da
vasche per la raccolta dell’acqua piovana per l’irrigazione delle
coltivazioni. Non è improbabile che la coltivazione delle barbatelle
raffigurata appartenesse a
Costantino Borgia (il signore col cappello), che proprio in quegli anni commerciava talee di
viti americane.
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Grazie a Filomena Consiglio e Emanuela
Nardozza ho rivisto la vecchia Madonnina pellegrina di Sant'Antonio
Maria Claret, nella custodia di legno che all'occorrenza si
chiude per consentirne il trasporto da una casa all'altra.
Una devozione ancora viva oggi, che mi riporta a quand'ero
bambino, ai miei nonni di Rionero e Barile.
barbieri
e musicisti
La bottega
di barbiere di Nicola “Cuvino” Brienza era in via Rampe
Purgatorio, vicino alla casa di Mauro Corona e poco distante
dalla cantina della madre Lucia “Cuvino”, dove si beveva il
vino e si mangiavano le "ciammaruqueddë", lumachine in brodo
piccante. Nicola sapeva suonare la chitarra e, non di rado,
lo insegnava anche a qualche volenteroso "ragazzo di
bottega".
Non era
l'unico. Come in quasi tutti i paesi dell'Italia
meridionale, anche a Rionero, soprattutto nella prima metà
del secolo scorso, i "saloni" risuonavano di vecchi
ritornelli di canzoni napoletane o di arie di famosi
melodrammi, suonati "a braccio" dal "principale" o da
qualche cliente impratichitosi proprio in quegli ambienti.
La bottega
era anche un luogo di intrattenimento privilegiato, per
discutere di lavoro o dei "fatti" del paese. Spesso il
barbiere sapeva anche "cavare" i denti, applicare
sanguisughe e praticare piccoli interventi di chirurgia.
Alcuni svolgevano altri mestieri: Donato Di Pierro, "lu
Boss", era anche fotografo, Michele Tucciariello e, poi, il
figlio Luigi vendevano anche cappelli e "colli e cravatte,
bastoni e ombrelli", come recitava la scritta sui portoni
del salone-negozio aperti verso l'esterno, Giovanni Moretti
era editore di cartoline illustrate e aveva un emporio ricco
di svariati articoli per fumatori, per strumenti musicali,
per cucire con tante altre cose difficili da reperire, come
le puntine, “sfuse” o nelle scatolette da trenta pezzi, in
zaffiro “illogorabile” dei grammofoni a tromba Pathé, gli
unici ad usare i dischi a 100 giri con la registrazione che
iniziava dal centro e finiva all’esterno.
In questa
fotografia degli anni Trenta del secolo scorso, Nicola
“Cuvino” Brienza suona il mandolino. Chitarristi
erano Luigi Tucciariello, Donato Di Pierro e Giovanni
Sparviero. Michele Ceruzzi era un abile violoncellista.
Tonino Asquino, Aurelio Amoruso e Totonno Sessa erano
virtuosi del violino ed avevano anche ciascuno un proprio
gruppo musicale. E così tanti altri, qui a me sfuggiti, fino
a Gerardo Placido che ancora intrattiene gli amici con la
fisarmonica.
Rionero-Biblioteca: una
rarità
Tra i
libri più antichi della biblioteca di Rionero ci sono i
quattro volumi della Historia della Città e Regno di
Napoli di Giovanni Antonio Summonte. Com'è noto, il
primo tomo ebbe una tormentata vicenda editoriale. Appena
stampato nel 1601, infatti, venne ritirato dal commercio,
bruciato e censurato ed il Summonte perseguitato e messo in
carcere. Pochi mesi dopo il libro venne ristampato, forse
con alcune modifiche, e dedicato al Duca di Baviera, a
differenza di quello mandato al rogo che era stato dedicato
"alla Nobilissima e Fedelissima città di Napoli e ai signori
Eletti di quella". Consultando il Catalogo del Servizio
Bibliotecario Nazionale, il libro del Summonte è presente
solo in una ventina di biblioteche italiane e fra esse
-quasi tutte da me interpellate- quelle che hanno
l'esemplare sfuggito all'incendio si contano sulle dita di
una mano! Tra queste la biblioteca Fortunato.

Rionero, illuminazione pubblica di fine 800.

Prima di acquistare la corrente elettrica
dall'azienda Lanari di Monticchio nel 1909, l'illuminazione
pubblica a Rionero era assicurata da una decina di lampade a
petrolio in altrettanti punti del paese: alla “Costa”, a “Chiangantìnë”,
a via Genala, davanti a Taverna Penta, a via Chiesa Madre,
nello spiazzo di Fontana Grande e davanti alla Chiesa dei
Morti. Qui la lanterna era fissata all’angolo tra la
facciata e la parete laterale della chiesa. In questa
immagine (particolare di una fotografia di fine 800, che
documenta anche un'antica farmacia in Largo Purgatorio) si
notano il braccio a parete in ferro battuto e la lanterna
con cupolino di aerazione.
Rionero, biblioteca: una cinquecentina di
Vincenzo Massilla giureconsulto di Atella

Vincenzo Massilla, nato ad Atella il 22 ottobre 1499 da
Guglielmo, medico, e Bernardina de Simeone di Venosa,
all'età di 12 anni si trasferì a Napoli per studiare
giurisprudenza. Allievo del venosino Roberto Maranta a
Salerno, laureatosi in utroque jure, esercitò la
professione di avvocato. Nominato giudice regio a Trani, si
trasferì a Bari ricorrendo vari incarichi pubblici
prestigiosi, come quello di governatore di Conversano e di
Rossano. Divenuto collaboratore di Bona Sforza, granduchessa
di Bari e, poi, regina di Polonia, Massilla si trasferì a
Cracovia tra il 1545 e il 1549. Tornò poi a Bari, dove
scrisse numerose opere, delle quali ci sono giunte soltanto
due: la "Cronaca sulle famiglie nobili di Bari", stampata
postuma nel 1881, e i "Commentarii super consuetudinibus
praeclarae civitatis Bari", pubblicata a Padova nel 1555.
Morì a Bari nel 1590. Nel 1596 i "Commentarij" furono
ristampati a Venezia. Oltre
a quella rionerese, il Catalogo del Servizio Bibliotecario
Nazionale ne registra meno di una decina di copie in tutt'Italia.

Rionero,
1954: “lo sputafuoco”
Era una delle principali
attrazioni nelle feste popolari rioneresi. Riempiva la bocca di
petrolio o altro liquido infiammabile e lo spruzzava sul fuoco di una torcia che teneva con
la mano, provocando una vistosa fiammata.
La fotografia, scattata
nela piazza di Rionero, è tratta dalla rivista
"L'Illustrazione Italiana".