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Rionero e dintorni   

storia e altro      

a cura di Franco Pietrafesa

 
 

 

 

 

 

 

 

 

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Album

raccolta

 

 

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Rionero, anni 30: il funambolo

 

Tra gli amici di mio padre, Cecchino la furnárë era il più deciso a imitare le performance del funambolo che ogni anno d’estate veniva a Rionero. Si immaginava a compiere acrobazie sul filo di acciaio, teso tra due balconi della piazza, a quindici metri di altezza, in equilibrio con l’asta tra le mani mentre tutta la gente lo guardava dal basso a bocca aperta. Cecchino faceva appena tre passi sulla corda, mantenuta a un metro da terra da due suoi compagni, prima di cadere tra le risate di tutti.

 


 

Rionero, estate 1930: costruzione delle “casette asismiche”

 

All’indomani del terremoto del 23 luglio 1930, per risolvere in maniera definitiva l’emergenza abitativa venutasi a creare nei paesi devastati dal sisma, il governo decise la costruzione di “casette asismiche”. A Rionero ne furono previste una cinquantina. La fotografia (fermo immagine di un film dell’Istituto Luce) si riferisce alla preparazione delle fondazioni per la costruzione degli edifici di via Monte Grappa.

 


 

Rionero, anni 40: un barbatellaio… in piazza

 

Questa fotografia documenta un barbatellaio impiantato sui terreni che corrispondono all’attuale Villa Catena a Rionero, nella parte più prossima a piazza XX Settembre. Ai tempi dello scatto fotografico, sicuramente dopo la costruzione del Teatro Combattenti (1936), che si vede sullo sfondo, e prima del definitivo risanamento dell’intera zona, dunque negli anni 40 del Novecento, la piazza aveva il nome di Piazza della Verdura e tutto il terreno del vallone era occupato da orti e da vasche per la raccolta dell’acqua piovana per l’irrigazione delle coltivazioni. Non è improbabile che la coltivazione delle barbatelle raffigurata appartenesse a Costantino Borgia (il signore col cappello), che proprio in quegli anni commerciava talee di viti americane. Vedi anche...


 

 

Maria Luigia

 

Maria Luigia Tancredi ha fondato a Rionero nel 1927 l’Ospizio di mendicità, oggi Casa di riposo “Virgo Carmeli”, dedicando la vita all’assistenza degli anziani soli, poveri e ammalati.

Ringraziava i benefattori offrendo fiori e recitando poesie e con un biglietto di auguri che scriveva di suo pugno.

 

 

 

 

 

 

 

          

 


 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

La Madonnina pellegrina di

Sant'Antonio Maria Claret

Grazie a Filomena Consiglio e Emanuela Nardozza ho rivisto la vecchia Madonnina pellegrina di Sant'Antonio Maria Claret, nella custodia di legno che all'occorrenza si chiude per consentirne il trasporto da una casa all'altra. Una devozione ancora viva oggi, che mi riporta a quand'ero bambino, ai miei nonni di Rionero e Barile.

 

 

 


 

barbieri e musicisti

 

La bottega di barbiere di Nicola “Cuvino” Brienza era in via Rampe Purgatorio, vicino alla casa di Mauro Corona e poco distante dalla cantina della madre Lucia “Cuvino”, dove si beveva il vino e si mangiavano le "ciammaruqueddë", lumachine in brodo piccante. Nicola sapeva suonare la chitarra e, non di rado, lo insegnava anche a qualche volenteroso "ragazzo di bottega".

Non era l'unico. Come in quasi tutti i paesi dell'Italia meridionale, anche a Rionero, soprattutto nella prima metà del secolo scorso, i "saloni" risuonavano di vecchi ritornelli di canzoni napoletane o di arie di famosi melodrammi, suonati "a braccio" dal "principale" o da qualche cliente impratichitosi proprio in quegli ambienti.

La bottega era anche un luogo di intrattenimento privilegiato, per discutere di lavoro o dei "fatti" del paese. Spesso il barbiere sapeva anche "cavare" i denti, applicare sanguisughe e praticare piccoli interventi di chirurgia. Alcuni svolgevano altri mestieri: Donato Di Pierro, "lu Boss", era anche fotografo, Michele Tucciariello e, poi, il figlio Luigi vendevano anche cappelli e "colli e cravatte, bastoni e ombrelli", come recitava la scritta sui portoni del salone-negozio aperti verso l'esterno, Giovanni Moretti era editore di cartoline illustrate e aveva un emporio ricco di svariati articoli per fumatori, per strumenti musicali, per cucire con tante altre cose difficili da reperire, come le puntine, “sfuse” o nelle scatolette da trenta pezzi, in zaffiro “illogorabile” dei grammofoni a tromba Pathé, gli unici ad usare i dischi a 100 giri con la registrazione che iniziava dal centro e finiva all’esterno.

In questa fotografia degli anni Trenta del secolo scorso, Nicola “Cuvino” Brienza suona il mandolino. Chitarristi erano Luigi Tucciariello, Donato Di Pierro e Giovanni Sparviero. Michele Ceruzzi era un abile violoncellista. Tonino Asquino, Aurelio Amoruso e Totonno Sessa erano virtuosi del violino ed avevano anche ciascuno un proprio gruppo musicale. E così tanti altri, qui a me sfuggiti, fino a Gerardo Placido che ancora intrattiene gli amici con la fisarmonica.

 


 

 

Rionero-Biblioteca: una rarità

Tra i libri più antichi della biblioteca di Rionero ci sono i quattro volumi della Historia della Città e Regno di Napoli di Giovanni Antonio Summonte. Com'è noto, il primo tomo ebbe una tormentata vicenda editoriale. Appena stampato nel 1601, infatti, venne ritirato dal commercio, bruciato e censurato ed il Summonte perseguitato e messo in carcere. Pochi mesi dopo il libro venne ristampato, forse con alcune modifiche, e dedicato al Duca di Baviera, a differenza di quello mandato al rogo che era stato dedicato "alla Nobilissima e Fedelissima città di Napoli e ai signori Eletti di quella". Consultando il Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale, il libro del Summonte è presente solo in una ventina di biblioteche italiane e fra esse -quasi tutte da me interpellate- quelle che hanno l'esemplare sfuggito all'incendio si contano sulle dita di una mano! Tra queste la biblioteca Fortunato.

 


 

 

 

 

Rionero, illuminazione pubblica di fine 800.

 

 

 

Prima di acquistare la corrente elettrica dall'azienda Lanari di Monticchio nel 1909, l'illuminazione pubblica a Rionero era assicurata da una decina di lampade a petrolio in altrettanti punti del paese: alla “Costa”, a “Chiangantìnë”, a via Genala, davanti a Taverna Penta, a via Chiesa Madre, nello spiazzo di Fontana Grande e davanti alla Chiesa dei Morti. Qui la lanterna era fissata all’angolo tra la facciata e la parete laterale della chiesa. In questa immagine (particolare di una fotografia di fine 800, che documenta anche un'antica farmacia in Largo Purgatorio) si notano il braccio a parete in ferro battuto e la lanterna con cupolino di aerazione.

 

 

 

 

 


 

Rionero, biblioteca: una cinquecentina di Vincenzo Massilla giureconsulto di Atella

 

Vincenzo Massilla, nato ad Atella il 22 ottobre 1499 da Guglielmo, medico, e Bernardina de Simeone di Venosa, all'età di 12 anni si trasferì a Napoli per studiare giurisprudenza. Allievo del venosino Roberto Maranta a Salerno, laureatosi in utroque jure, esercitò la professione di avvocato. Nominato giudice regio a Trani, si trasferì a Bari ricorrendo vari incarichi pubblici prestigiosi, come quello di governatore di Conversano e di Rossano. Divenuto collaboratore di Bona Sforza, granduchessa di Bari e, poi, regina di Polonia, Massilla si trasferì a Cracovia tra il 1545 e il 1549. Tornò poi a Bari, dove scrisse numerose opere, delle quali ci sono giunte soltanto due: la "Cronaca sulle famiglie nobili di Bari", stampata postuma nel 1881, e i "Commentarii super consuetudinibus praeclarae civitatis Bari", pubblicata a Padova nel 1555.

Morì a Bari nel 1590. Nel 1596 i "Commentarij" furono ristampati a Venezia. Oltre a quella rionerese, il Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale ne registra meno di una decina di copie in tutt'Italia.

 


 

Rionero, 1954: “lo sputafuoco”

 

Era una delle principali attrazioni nelle feste popolari rioneresi. Riempiva la bocca di petrolio o altro liquido infiammabile e lo spruzzava sul fuoco di una torcia che teneva con la mano, provocando una vistosa fiammata.

La fotografia, scattata nela piazza di Rionero, è tratta dalla rivista "L'Illustrazione Italiana".